Secondo una recente ricerca di Transport & Enviroment – organizzazione ambientalista indipendente europea, che ha commissionato la ricerca a CE DELFT – i cittadini che vivono a ridosso degli aeroporti più trafficati d’Italia sono particolarmente esposti alle particelle ultrafini derivanti dall’aviazione. Secondo lo studio in questione, sono circa 52 milioni i cittadini esposti a tali emissioni nelle prossimità dei 32 aeroporti più trafficati (1,2) in tutta Europa.
Malpensa e Fiumicino gli aeroporti sotto la lente
Per quanto riguarda l’Italia i due maggiori aeroporti per volumi di traffico sono Milano Malpensa e Roma Fiumicino. Ebbene sono 700.000 i romani che, vivendo in prossimità dello scalo di Fiumicino, sono esposti a queste particelle tossiche; mentre sono oltre 900.000 i milanesiche respirano aria di bassa qualità nelle vicinanze dell’aeroporto di Malpensa.
L’esposizione alle UFP – Ultra Fine Particles, la componente più piccola del particolato – può essere collegata allo sviluppo di condizioni di salute gravi e a lungo termine, tra cui problemi respiratori, effetti cardiovascolari e complicazioni durante la gravidanza.
Ipertensione, diabete e demenza
Secondo la nuova ricerca, l’esposizione alle particelle ultrafini potrebbe essere associata a circa 280.000 casi di ipertensione, 330.000 casi di diabete e 18.000 casi di demenza in Europa. Solo in Italia l’esposizione a queste particelle potrebbe essere associata a oltre 7000 casi di ipertensione e altrettanti di diabete e più di 200 casi di demenza.
Lo studio ha infatti estrapolato i casi registrati di queste malattie nelle prossimità dell’aeroporto di Amsterdam Schiphol, offrendo la prima stima mai realizzata degli effetti sulla salute legati alle UFP (particelle ultrafini) derivanti dall’aviazione in Europa.
Perché queste particelle sono particolarmente dannose?
Le particelle ultrafini sono particolarmente preoccupanti poiché penetrano profondamente nel corpo umano e sono state trovate nel sangue, nel cervello e nella placenta. Le UFP – che hanno un diametro inferiore ai 100 nanometri – sono circa 1.000 volte più piccole di un capello umano e, nonostante già da 15 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) avverta della crescente preoccupazione per questo inquinante, non esistono regolamentazioni sulle soglie di concentrazione di UFP nell’aria.
Decollo e atterraggio le fasi più “nocive”
Le UFP degli aerei sono emesse ad alta quota ma anche durante le fasi di decollo e atterraggio, il che implica una particolare esposizione per i residenti che vivono nelle prossimità degli aeroporti. Infatti, i cittadini residenti in raggio di 5 km da un aeroporto respirano aria che contiene, in media, dalle 3.000 alle 10.000 particelle ultrafini per cm³ emesse dagli aerei.
Poiché, in molte città, esiste una correlazione tra chi vive vicino a un aeroporto (tipicamente zone periferiche o esterne al tessuto urbano della città) e i redditi più bassi, sembrerebbe perpetuato il paradigma per cui sono i più vulnerabili nella società ad essere maggiormente colpiti dall’inquinamento atmosferico.
Ci sono soluzioni?
L’utilizzo di carburanti di ‘migliore qualità’ può abbattere le emissioni di questo inquinante fino al 70%. La quantità di UFP emesse dagli aerei, infatti, dipende fortemente dalla composizione chimica dei combustibili impiegati; abbatterne la concentrazione delle componenti più dannose (zolfo e composti aromatici) è possibile grazie all’idrotrattamento, un processo già impiegato da decenni per i ridurre il tenore di zolfo nei carburanti di auto e navi.
Tale processo, se applicato, potrebbe costare meno di cinque centesimi per litro di carburante. Ma gli standard per i jet fuel non sono mai stati migliorati, nonostante rappresentino strumenti fondamentali per ridurre significativamente l’inquinamento atmosferico nelle vicinanze degli aeroporti.