Intervista a Natale Mariella, Presidente sezione trasporto rifiuti di ANITA
“Io non trasporto rifiuti. Eppure sono il presidente della sezione dedicata di ANITA. Vuole sapere perché? Perché da undici anni sono il presidente della sezione Puglia dell’Albo Gestori Ambientali, ho una competenza trasversale, che se non è propriamente quella dell’impresa che trasporta i rifiuti, è quella dell’organo che controlla e che autorizza questo tipo di trasporto”. Inizia così la nostra conversazione con Natale Mariella, 56 anni, pugliese, sposato, tre figli, laureato in giurisprudenza. Lasciata la libera professione di avvocato, Mariella si è dedicato interamente al mondo dell’autotrasporto e della logistica.
Presidente della Adriatica Tecno Logistica srl, una delle più grandi piattaforme logistiche del meridione, Mariella presiede e gestisce anche il Consorzio Coimba, 200 soci in tutta l’Unione Europea e oltre 1.000 mezzi, uno dei più grandi consorzi del settore dell’autotrasporto. ON ROAD Mag lo intervista i considerazione del suo ruolo di presidente della sezione specializzata trasporto rifiuti di ANITA, senza dimenticare che il nostro è anche il vicepresidente nazionale dell’associazione. “Con il Consorzio Coimba trasportiamo acque minerali imbottigliate nella plastica e nel vetro, e trasportiamo e gestiamo anche le bottiglie vuote. Insomma, facciamo attività di logistica a tutto campo” racconta Mariella. “All’interno di Adriatica Tecno Logistica a Bari, 80.000 metri quadri di spazi a disposizione, stocchiamo bevande imbottigliate e anche bottiglie vuote di vetro”.
Bottiglie pronte per essere riutilizzate?
No. In Italia le bottiglie di vetro non vengono lavate e riutilizzate, sono triturate e il vetro rientra nel ciclo produttivo. A un paio di chilometri da noi c’è una vetreria. La vetreria produce le bottiglie, e le immagazzina da noi. Poi ci dice quando portarle alle fabbriche che le riempiono di birra, acqua, bevande varie. Bottiglie piene che spesso tornano di nuovo nei magazzini della Adriatica Tecno Logistica, in attesa di essere distribuite nei negozi, nei supermercati. E poi una volta bevute, queste bottiglie prendono la strada del ciclo dei rifiuti. Vanno nelle campane di vetro, vengono triturate e ricostruite. L’Italia ha numeri eccezionali, siamo tra i primi in Europa nel riciclo, e non solo del vetro.

Ma le cose stanno cambiando. L’Europa sta scegliendo la strada del riutilizzo delle bottiglie, senza passare per la triturazione del vetro e la ricostruzione.
È vero, l’Europa sta puntando sul riutilizzo rispetto al riciclo, e questa è una scelta che ci mette un po’ in sofferenza perché noi abbiamo investito in un sistema diverso. Abbiamo ad esempio puntato sui consorzi obbligatori.
Natale Mariella, ci racconti di Anita e del sistema di sezioni specializzate all’interno dell’associazione.
I numeri di ANITA sono importanti: 1.800 imprese di trasporti e logistica, con circa 100 mila occupati. E per quanto riguarda il trasporto su gomma rappresenta quasi il 50 per cento del traffico nazionale. Le aziende associate sono imprese strutturate, che hanno diversificato i propri rami di specializzazione. Molte di queste trasportano anche rifiuti, altre esclusivamente rifiuti. ANITA ha diverse sezioni specializzate, per tipo di trasporto – ADR, intermodale, frigorifero… – e questo vuol dire che un’azienda potrebbe essere all’interno della sezione specializzata in trasporto rifiuti ma anche in quella per i trasporti pericolosi. Sono sezioni aperte dove ci si riunisce più che altro per argomenti, per tematiche da affrontare.

Quante sono in tutta Italia, le aziende che trasportano rifiuti?
In questo ci aiuta il sito dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali, che ha un contatore in tempo reale, con il dato istantaneo. In questo momento, ci sono 22.509 imprese di autotrasporto autorizzate al trasporto di rifiuti. Autorizzate perché in Italia, per poter trasportare rifiuti, bisogna obbligatoriamente essere iscritti all’Albo, organismo del ministero dell’Ambiente che si occupa di gestire il regime autorizzatorio.
Requisiti, competenze…
Certo, di fatto l’impresa di trasporto rifiuti è soggetta a due iscrizioni e quindi a due controlli. Come azienda di trasporto deve essere scritta all’Albo degli autotrasportatori, organismo del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. E poi, trasportando qualcosa che è particolarmente controllato sotto il profilo della tutela ambientale e della pericolosità sociale, deve anche – obbligatoriamente – essere iscritta dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali, ente del ministero dell’Ambiente.
Oltre 22.000 aziende che trasportano soltanto o anche rifiuti. Un numero molto alto, considerando che le imprese che sono iscritte all’Albo sono circa centomila.
È un numero molto alto perché il trasporto dei rifiuti è estremamente diffuso, risponde a un’esigenza assoluta. I rifiuti si muovono perché devono raggiungere gli impianti di smaltimento, di recupero o, ahimè, le discariche.

Rifiuti italiani che vanno anche all’estero?
A volte anche all’estero. E poi, banalmente, ci sono momenti di picco durante i quali l’impianto più vicino è saturato e si deve andare più lontano. E comunque, anche se l’impianto fosse a soli cento metri di distanza, i rifiuti devono essere sempre trasportati e conferiti nella maniera corretta.
Quindi ci vuole un’organizzazione logistica anche più attenta e complessa di quella di un trasporto normale?
È incredibile l’organizzazione richiesta, anche perché la normativa è molto complicata. A partire dalla prima grande classificazione di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi. C’è una normativa particolarissima condivisa col trasporto delle merci in ADR. È un mondo estremamente complesso per quanto riguarda le imprese, forse troppo complesso. Una certa semplificazione sarebbe auspicabile. Più che legittimo il controllo, per carità, però le imprese devono essere messe nella condizione di operare serenamente.
Controlli accurati che servono anche a impedire infiltrazioni criminali nel settore. I rifiuti possono generare grandi profitti, fanno gola.
È vero, ma per fortuna sono tantissime le imprese che lavorano nell’assoluta legalità, sono la maggior parte, guai se non fosse così. Ma ci sono gravi eccezioni all’interno di qualche impresa autorizzata, e poi c’è il fenomeno dell’abusivismo totale, quello di chi non è iscritto all’Albo e che comunque trasporta rifiuti. È un tipo di trasporto molto redditizio, perché lo smaltimento costa. E chi opera in maniera abusiva, illegale o addirittura criminale, fa un danno gravissimo. Viene pagato abbondantemente per caricare rifiuti, ad esempio fanghi tossici, e invece di portarli in un impianto di trattamento, li sversa dove non dovrebbe. Un grande guadagno per la criminalità, un gravissimo danno per la collettività. Ma non stiamo parlando di un mondo di delinquenti. Al contrario, chi svolge questo lavoro onestamente, la maggior parte degli operatori, è fiero di contribuire al benessere di tutti.
Dunque, una fitta rete di trasporto rifiuti sul territorio, tantissimi materiali pericolosi e non. Immagino su una mappa dell’Italia tutta una serie di veicoli di diverse dimensioni e con diversi allestimenti che disegnano una rete complessa.
Sì, e aggiungo un altro elemento. La raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Le imprese pubbliche, le municipalizzate, sono tutte iscritte all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. In Italia non si può muovere un rifiuto se il mezzo non è stato autorizzato dall’Albo. È un universo che non è percepito nella sua complessità, una rete intricatissima perché riguarda ciascun comune italiano.
Questa rete poi è fatta anche di trasporto internazionale, ci sono dei regolamenti che si sovrappongono?
Certo, siamo nell’Unione Europea. Consideriamo che in Italia abbiamo pochi termovalorizzatori, che si trovano prevalentemente all’estero e noi a caro prezzo trasferiamo in altri paesi i nostri rifiuti, dai quali si produce corrente elettrica, riscaldamento.
Insomma buttiamo dei soldi?
Probabilmente sì, al contrario va ribadito che le imprese italiane che trasportano rifiuti concorrono alla tutela dell’ambiente. Un’attività importantissima, e ANITA punta anche nei processi di formazione del personale, che in queste aziende è altamente qualificato. Anche per gli autisti: perché se porti materiale pericoloso devi avere il patentino a ADR. E conoscere le caratteristiche di ogni singolo rifiuto trasportato. C’è una scheda tecnica che dice esattamente come trattare il rifiuto per ogni evenienza. E l’azienda autorizzata al trasporto dei rifiuti speciali pericolosi presta una fideiussione che potenzialmente deve andare a coprire i costi di una eventuale bonifica. È un sistema ben fatto, comune a tutti i paesi dell’Unione Europea, con parziali modifiche per ogni nazione.

È un elemento di costante dibattito analizzare perché non riusciamo a ottenere dai nostri scarti un valore economico che altri Paesi europei invece riescono a produrre, anche con i nostri, di rifiuti. Le aziende che da noi svolgono questo trasporto sono solo italiane, o ci sono anche operatori stranieri?
Il trasporto rifiuti al momento è svolto da imprese nazionali, anche se poi ci sono grandi gruppi dove il capitale può essere internazionale. Di fatto però questo è un lavoro in gran parte molto localizzato. Perché è chiaro che si tende a smaltire nell’impianto più vicino, non nell’impianto più lontano. Questo è un settore che cresce, e penso che si vada sempre di più verso imprese strutturate, anche se ci sono tipologie di rifiuti locali per i quali anche la piccola azienda continua a svolgere un ruolo fondamentale. Sui grossi appalti però si va sempre sui raggruppamenti di imprese, perché è difficile gestire da soli grandi volumi di lavoro. Di rifiuti ce ne sono sempre di più, da smaltire, da riciclare, purtroppo siamo società molto ricche e sprechiamo tanto. Con l’economia circolare il rifiuto deve diventare l’extrema ratio. Prima si deve provare a riutilizzare e riciclare il più possibile. Noi aziende vogliamo fare molto di più che trasportare rifiuti. Vogliamo trasportare i materiali verso una nuova vita.
Stiamo parlando solo di camion, ma i rifiuti viaggiano anche su altri mezzi di trasporto?
Viaggiano molto anche in treno, anche in Italia. E anche in nave.
Se le chiedessimo di fare un elenco di tutti i tipi di rifiuti che esistono, immagino sarebbe lunghissimo.
Sì, stiamo parlando di migliaia di tipologie diverse. Esistono venti macrofamiglie suddivise in sottoclassi. Tutti i rifiuti sono identificati con un codice a sei cifre diviso in tre coppie. La prima coppia indica la famiglia, la macroattività o il settore da cui provieneil rifiuto; la seconda coppia di cifre indica il sottocapitolo o il processo produttivo specifico e la terza indica lo specifico rifiuto. Faccio un esempio, il codice 03-01-01: 03 sono i rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone. 01 è il sottocapitolo rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli e mobili. 01 indica la descrizione specifica del rifiuto, scarti di corteccia e sughero. Questo per ogni tipo di rifiuto, ad esempio la limatura di ferro ha un codice, i trucioli di ferro hanno un altro codice. E il trasportatore deve essere autorizzato allo specifico codice e avere un mezzo adatto. Per questo esistono moltissimi allestitori specializzati.
In questo periodo c’è una piccola rivoluzione nel mondo del trasporto rifiuti, il passaggio dal Sistri al Rentri.
Il Sistri nessuno di noi lo vuol sentire più nominare. Proprio per questo si passa al Rentri che è sostanzialmente un supporto, una piattaforma digitale dove si registrano tutti i movimenti del rifiuto. Non cambia la legge, non cambia il testo unico ambientale, i documenti sono sempre gli stessi, ma diventano tutti informatici.
Siamo pronti a questo passaggio?
Pronti è un parolone, e c’è molto fermento. Il Ministero e l’Albo hanno fatto un percorso lunghissimo di informazione e formazione. Ma le imprese forse sono arrivate un po’ in ritardo. Il sistema comunque è ancora molto complesso, ci sono ancora dei dubbi operativi, dei nodi da sciogliere. Vero è che le iscrizioni al Rentri stanno procedendo come da previsione, ma all’inizio ci saranno probabilmente dei naturali intoppi.
Un problema di transizione. Una volta a regime però, il Rentri sembra qualcosa di più agile del Sistri.
Ovviamente, ma sono due cose diverse. Il Rentri non prevede nessun hardware. Vi si può accedere direttamente o attraverso i software gestionali che le software house stanno approntando. Prima o poi, speriamo presto, a regime tutti i movimenti di rifiuti, che già oggi tendenzialmente sono pubblici perché registrati con i formulari cartacei, saranno registrati elettronicamente, tutti archiviati in un unico portale con una grande trasparenza. Un’agevolazione per le imprese che, si spera, sbrigheranno le pratiche più velocemente. Consumeremo meno carta, e visto che parliamo di ambiente è una cosa positiva. E ci sarà una trasparenza totale che premierà le imprese che operano nella legalità.
E quando lei, Natale Mariella, come presidente, fissa una riunione della sezione specializzata trasporto rifiuti di ANITA, cosa inserisce all’ordine del giorno?
Cerchiamo soprattutto di orientarci rispetto alle complessità normative, questa è la nostra prima preoccupazione. Poi facciamo formazione, aggiornamento professionale e proviamo a immaginare il nostro futuro, per capire dove stiamo andando e se stiamo prendendo la direzione giusta.