La World Trade Organization stima che il totale delle esportazioni italiane nel 2023 abbia raggiunto un valore di 670 miliardi di dollari. Un dato sostanzialmente uguale a quello del 2022, che posiziona l’Italia al quinto posto della classifica mondiale dei Paesi esportatori, dopo Cina, Stati Uniti, Germania e Giappone. Che oggi quasi il 40 per cento del PIL del nostro Paese venga esportato è un dato di fatto. E che le merci, oltre che in nave, e in parte in aereo, viaggino soprattutto su gomma è un’altra realtà. Massimo Masotti, responsabile della sezione trasporti internazionali di ANITA, e membro del consiglio di amministrazione della Masotti S.R.L., risponde alle nostre domande sul tema.
La storia della Masotti Trasporti
Masotti, da quando è responsabile della sezione trasporti internazionali di ANITA?
Da più o meno una quindicina d’anni. Siamo partiti con pochissimi contatti e, piano piano, siamo arrivati a un riconoscimento di questa sezione sia presso le istituzioni europee sia presso le altre sezioni di categoria. Ne vado molto fiero. I problemi ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Come associazione siamo sempre intervenuti e alcuni li abbiamo risolti: abbiamo affrontato la difficile tematica dei vettori dell’est, quello dei permessi bilaterali, il rapporto tra Italia e Turchia. Il compito della Sezione Trasporti Internazionali di Anita è di raccogliere i problemi della categoria e trovare una soluzione.
Veniamo ai punti dolenti di oggi. L’Austria e il Brennero sono da anni un serio problema per i passaggi dei nostri camion verso il centro e nord Europa. Qualcosa però sembra stia cambiando.
Dopo anni di battaglie e lamentele, finalmente qualcosa si è mosso. L’intervento del ministro Salvini nei confronti dell’Unione Europea ha portato i primi frutti: un parere motivato che dice sostanzialmente che le nostre proteste sono legittime e che i divieti introdotti dall’Austria per motivazioni ambientali – che noi ovviamente condividiamo in linea di principio – non rispettano la libera circolazione, che è uno dei principi fondamentali all’interno dell’Unione. A questo punto per ottenere la rimozione di questi divieti o si trova un accordo con l’Austria o ci si appella alla Corte di Giustizia.
L’Austria che per anni ha rifiutato qualsiasi accordo…
Sì, diciamo che non abbiamo mai raggiunto un accordo perché l’Austria ha sempre messo sul tavolo proposte irricevibili. Quello che noi contestiamo non sono certo le loro istanze di attenzione nei confronti dell’ambiente, che anche a noi sta a cuore, ma il fatto che le norme sono state tradotte in divieti discriminatori perché riguardano solo le merci italiane e non le merci austriache. Se c’è la necessità di rispettare l’ambiente questo deve valere per qualsiasi tipo di merce e di azienda di autotrasporto. Non è accettabile che il traffico che movimenta le merci austriache non venga contestato, e le merci italiane vengano invece rallentate o bloccate”.
I trasporti internazionali contano molto anche sull’intermodalità. Lo sviluppo della connessione tra gomma, ferro e nave è finalmente a pieno regime?
Il passaggio dei trasportatori internazionali dal tutto strada all’intermodale, sia esso treno o nave, è l’evoluzione della specie. L’integrazione delle modalità, soprattutto per gli imprenditori leader del settore, è un percorso obbligato. E spazi di manovra ce ne sono ancora tanti per far crescere l’intermodalità, ad esempio aumentando le tracce ferroviarie, oggi carenti, che impediscono di sviluppare nuove linee di trasporto su ferro. Il nostro obiettivo, come associazione, è questo: entro il 2040 il 50 per cento delle merci dovrebbe viaggiare via treno. Oggi siamo a quota 35 per cento, quindi l’obiettivo è tecnicamente possibile. Ovviamente attendiamo la realizzazione delle infrastrutture attualmente in corso. L’intermodalità è una delle risposte al passaggio verso un mondo dei trasporti verde, ecologico, rispettoso dell’ambiente, ma la transizione ecologica si deve basare anche sulla sostenibilità economica.
Il trasporto su ferro o su nave è meno vantaggioso economicamente di quello su gomma?
Sono due servizi diversi la cui confrontabilità economica non può essere fatta. Ci sono servizi di trasporto che non possono essere gestiti via treno perché la puntualità, la precisione della consegna e la tipologia di carico non permette questo tipo di trasferimento. Che invece è vantaggioso per altre mission. La ferrovia per noi non è un concorrente, ma uno strumento per offrire ulteriori servizi ai nostri clienti. Ma per lavorare bene con l’intermodalità c’è bisogno di infrastrutture, di porti e interporti.
La posizione di queste infrastrutture sulla cartina d’Italia però è quasi tutta al nord.
Sì, a parte Gioia Tauro. Sono al nord perché lì si trova la maggior parte del mondo produttivo industriale. È normale che gli interporti siano costruiti dove c’è una concentrazione di traffico nazionale ma soprattutto internazionale all’interno dell’Unione Europea. L’Italia è un Paese grande esportatore, e anche importatore.
Queste merci che vanno e vengono dall’Italia viaggiano su camion di aziende di autotrasporto italiane oppure il settore è stato conquistato dalle aziende straniere?
L’evoluzione dei percorsi trasportistici ha fatto sì che una parte del traffico venisse effettuato da vettori dell’est Europa, che in passato avevano dei costi di esercizio sicuramente più bassi dei nostri. Ci sono state poi alcune modifiche normative, penso al pacchetto mobilità, un importante insieme di norme che ha cambiato il modo di lavorare delle imprese di autotrasporto perché ha introdotto regole nuove, in alcuni casi a noi più favorevoli, che di fatto hanno modificato l’equilibrio del settore spostando nuovamente i volumi di traffico verso i vettori italiani o dell’Europa occidentale. È un mondo in costante evoluzione, che va continuamente monitorato, e che premia le aziende che nel tempo hanno garantito un servizio affidabile ai loro clienti.
Un servizio di qualità che si garantisce con autisti professionali. Ma di autisti c’è carenza un po’ in tutto il mondo occidentale.
È necessario uno sforzo congiunto da parte di tutti, un re-branding del lavoro dell’autista, così come è successo per altre professioni che erano considerate poco interessanti. E bisogna garantire ai dipendenti condizioni di lavoro almeno dignitose, altrimenti nessuno vorrà più intraprendere questo percorso. Una delle proposte che stiamo portando avanti come ANITA è per esempio l’eliminazione dei divieti di circolazione nei festivi per gli autisti internazionali che viaggiano sulla rete TEN-T. Se l’Europa ritiene che questi assi TEN-T siano le arterie del sistema economico europeo, non si può pensare che ogni volta che in calendario c’è una festa in una singola nazione, che sia il 14 luglio in Francia, il 2 giugno in Italia o il 26 ottobre in Austria, si blocchino di fatto migliaia di camion lungo la strada. Gli autisti devono poter rientrare verso casa. Diamo dignità a chi sta su un camion e non facciamogli trascorrere una giornata inutile parcheggiato, quando va bene, in un autogrill. All’interno di Anita lo riteniamo un passo ineludibile per migliorare la qualità del lavoro dei nostri autisti.