Il professor Pieluigi Coppola

Più TPL: una transizione necessaria per città più sostenibili

Che il TPL rivesta un ruolo fondamentale per la mobilità collettiva e abbia un minor impatto ambientale rispetto ad altre soluzioni è fuori di dubbio. Altrettanto vero è che si tratta di uno strumento strategico per puntare a città più sostenibili e più vivibili, in cui, vale a dire, ci si sposta anche meglio. Ma un aspetto fondamentale del trasporto pubblico locale è pure la sua accessibilità, con prezzi competitivi se raffrontati ai costi di altre modalità di trasporto. Eppure, nonostante tutti i suoi vantaggi, il TPL viene ancora visto spesso semplicemente come una scelta povera, mentre l’automobile viene sempre percepita come il proprio, preziosissimo spazio privato. Questo e altri temi abbiamo voluto affrontare insieme a Pierluigi Coppola, Professore ordinario di Pianificazione dei Trasporti presso il Politecnico di Milano.

Professor Coppola, intanto cosa si può fare per cambiare l’immagine del TPL? 

Sicuramente l’auto rappresenta e ha rappresentato, in passato ancora più che oggi, uno status symbol, e questo ha penalizzato il TPL, visto come un mezzo povero, una modalità di trasporto per non abbienti, non tanto perché accessibile a tutti, quanto piuttosto perché spesso i servizi TPL sono di bassa qualità, non offrono comfort e tempi di viaggio confrontabili con quelli dell’auto. Occorre innanzitutto realizzare servizi di trasporto pubblico di qualità, ma c’è bisogno al tempo stesso di un cambio di mentalità che renda più aperti e disponibili verso il TPL. I cittadini vanno invogliati con politiche di incentivazione dei mezzi pubblici e di restrizione del traffico privato, anche incrementando i prezzi dei parcheggi in modo da scoraggiare l’utilizzo dell’auto, per far capire in definitiva che spostarsi con il TPL può essere confortevole e razionale. 

L’automobile non sembra più adatta ai centri urbani, soprattutto a quelli europei. Congestione, parcheggi selvaggi, seconde file, occupazione permanente del suolo pubblico, soprattutto in alcune città italiane. Questo modello di città è destinato a finire? 

Non so se è destinato a finire, ma sicuramente è necessario lavorare perché ci sia un radicale cambiamento. Una mobilità basata soltanto sull’automobile non è più sostenibile. I centri urbani crescono costantemente, e così gli spostamenti, e non è pensabile che questi avvengano in auto. C’è bisogno di investire in servizi di trasporto pubblico di qualità e nell’integrazione dei diversi mezzi. Un servizio di trasporto pubblico ha un costo che si giustifica soltanto quando i flussi di domanda sono sufficientemente elevati. Non è pensabile, ad esempio, poter servire tutte le zone di una città con una metropolitana che ha una capacità di 10-15 mila passeggeri l’ora. La chiave è l’integrazione di servizi di trasporto di diversa natura: linee di autobus integrate con metropolitane e tram, ad esempio, cercando di fare leva sulle opportunità che vengono dalla sharing mobility: il bike sharing e il car sharing sono servizi di trasporto che possono contribuire a rendere più accessibile il trasporto rapido di massa e a favorire l’uso del trasporto pubblico anche in aree dove questo è meno diffuso. 

Sembra che stia crescendo una forte contrapposizione tra due schieramenti antitetici, tra chi è a favore del trasporto pubblico e chi non vuole rinunciare in nessuna situazione all’automobile e guarda con astio le zone a traffico limitato, le piste ciclabili, i divieti di parcheggio e le corsie preferenziali. 

Spesso gli automobilisti protestano quando trovano delle restrizioni perché si sentono privati di un pezzo della loro libertà. Io penso che la libertà di spostamento debba essere conciliata con l’esigenza collettiva di vivere in un ambiente pulito e sostenibile in cui tutti possano spostarsi. Bisogna far capire che utilizzare meno l’auto o comunque non utilizzarla quando non è strettamente necessario, contribuisce dare risposta a un’esigenza delle nostre città e, direi, del pianeta. 

I mezzi pubblici sono molteplici: ci sono le metropolitane, le tranvie, i BRT, gli autobus di varie dimensioni, addirittura le funivie…

È importante pianificare stabilendo quali sono i flussi di traffico e di passeggeri da servire. Tutti questi sistemi devono cooperare e parlare tra loro per programmare al meglio il servizio in città e anche in ambito suburbano e extraurbano. E i mezzi pubblici devono anche comunicare con le auto. È fondamentale anche realizzare quei nodi di sistema in cui si può passare da un trasporto all’altro, per esempio i parcheggi di interscambio in cui ci si sposta dall’auto alla metropolitana o alla ferrovia, ma anche hub, stazioni intermodali in cui gli autobus convergono e permettono poi di garantire quei flussi che rendono possibile la realizzazione di una nuova città. 

Internet e l’intelligenza artificiale aiuteranno a raggiungere l’obiettivo… 

Sì, l’intelligenza artificiale, ma soprattutto la digitalizzazione del trasporto aiuterà perché consentirà di avere in rete le informazioni in tempo reale sullo stato del servizio, contribuendo a ottimizzare anche le scelte, le soluzioni più idonee per il cliente. E l’intelligenza artificiale sarà in grado di monitorare e di interpretare queste scelte, suggerendo soluzioni di viaggio che si adattino alle attitudini personali e alle esigenze dei passeggeri, che cambiano giorno per giorno.

Le città hanno un tessuto urbano non omogeneo: chi vive in centro ha tutti i servizi vicini e forse meno bisogno di trasporto pubblico che però in quelle zone è molto diffuso. Chi invece vive in periferia avrebbe bisogno di TPL, che spesso però non è frequente. Come si risolve questo problema? 

È vero, nei centri città ci sono diverse linee di trasporto pubblico che convergono perché c’è molta domanda. Nelle periferie il servizio diventa meno frequente e per questo si realizzano solo poche linee di adduzione. La sfida è quella di diffondere anche in periferia i servizi di sharing mobility, per rendere le stazioni della metropolitana e le stazioni ferroviarie più accessibili anche in quei tessuti urbani dove c’è meno densità. 

In Italia i prossimi decenni porteranno a un invecchiamento della popolazione. Come garantire alle persone anziane che vivranno da sole la mobilità? 

L’invecchiamento della popolazione è uno dei temi attualmente più studiati nel settore, perché siamo tutti consapevoli che tra qualche anno, con una popolazione più anziana, avremo bisogno di servizi sempre più personalizzati e adatti anche alla capacità limitata degli anziani di spostarsi con un mezzo pubblico. Le soluzioni sono ancora in fase di studio, ma ci sono molte ricerche che studiano la realizzazione di servizi specifici per le utenze vulnerabili. Un contributo importante potrà venire proprio dalla digitalizzazione dei servizi. In futuro non vedremo più anziani che aspettano l’autobus alla fermata, ma avremo servizi collettivi a domicilio ed eventualmente anche mezzi senza conducente che permetteranno una riduzione dei costi operativi. La sfida è quella di rendere questi servizi personalizzati sostenibili dal punto di vista economico. 

Molti amministratori locali parlano della città dei 15 minuti. È quasi diventato quasi uno slogan. Ma è realizzabile? 

La città dei 15 minuti, come ha detto lei, è uno slogan, e si riferisce a un concetto che non è neanche così recente. È sicuramente un modello molto valido quello dello sviluppo poli-centrico, soprattutto per le grandi città, che prevede la realizzazione di quartieri più vivibili con servizi di prima necessità per famiglie e cittadini, eliminando il modello degli agglomerati unicamente residenziali, senza negozi, senza servizi, che impongono l’uso dell’auto. Ma non tutte le esigenze dei cittadini possono concentrarsi in un raggio di 15 minuti da casa. Quindi è importante creare anche una rete di collegamento. E questa rete, se vogliamo essere sostenibili, deve necessariamente essere una rete di trasporto pubblico locale.

Professor Coppola, filobus e tram sono il passato, il presente, o anche il futuro del TPL?

Oggi, con lo sviluppo delle motorizzazioni elettriche, il filobus è un po’ superato. Il tram, invece, in alcuni casi rappresenta un ottimo compromesso perché si pone a metà strada tra le linee di autobus ad alta frequenza e la metropolitana. A un costo minore della metropolitana garantisce comunque buoni livelli di capacità. Il tram continuerà a svolgere il suo ruolo per parecchio tempo. 

I sistemi BRT sono compatibili con la struttura delle grandi città italiane? 

I Bus Rapid Transit sono sistemi che garantiscono alte frequenze, pari a quelle dei tram, ma rispetto a questi sono più economici e più flessibili perché non hanno bisogno di rotaie. Le nostre città hanno però storie millenarie, nascono su un impianto di secoli fa, per cui è più difficile realizzare sistemi di trasporto rapido di massa come i BRT, o come le metropolitane. Anche se in Italia alcuni progetti di BRT sono stati finanziati proprio con gli ultimi bandi ministeriali, e sono in fase di realizzazione, il loro inserimento nei tessuti urbani italiani non è facile. In teoria il BRT dovrebbe viaggiare interamente in sede propria riservata, ma il bando del Ministero dei Trasporti che è stato pensato per finanziare il BRT attenuava questo vincolo, richiedendo la sede riservata solo per il 70 per cento del tracciato. 

Sostenibilità ambientale, transizione ecologica. Abbiamo visto come la politica, soprattutto quella europea, è andata avanti e poi ha fatto parziali retromarce sulle motorizzazioni elettriche. Certamente è difficile trasformare un parco auto di centinaia di milioni di veicoli: per mezzi pubblici, al contrario, i motori elettrici sono la soluzione ideale per raggiungere l’impatto zero? 

Questo è il tema combinato della transizione ecologica e del rinnovo delle flotte. Gli autobus elettrici si candidano a essere i mezzi protagonisti di questa transizione, soprattutto in ambito urbano. In ambito extraurbano invece ci sono linee che hanno una lunghezza non è compatibile con l’autonomia delle batterie, e spesso con percorsi con pendenze che diminuiscono la durata della carica elettrica. In sintesi, in ambito urbano sicuramente il rinnovo delle flotte deve tendere – con i tempi dovuti – verso le motorizzazioni elettriche. Ci vorrà del tempo perché bisognerà convertire non soltanto i mezzi ma anche le officine e i depositi. Per le percorrenze extraurbane bisogna ragionare considerando le caratteristiche di ciascun territorio. Ci sono comunque delle alternative all’elettrico, per esempio l’idrogeno, i bio fuel, gli HVO. 

Riassumiamo: guida autonoma, digitalizzazione, veicoli specifici per necessità di trasporto, forse meno automobili, più ZTL, più comunicazione tra tutti gli attori del trasporto. Tra poco vivremo in smart cities da fantascienza? 

Non è un film di fantascienza: tutta questo interazione si sta realizzando anche grazie a quelle piattaforme digitali che vanno sotto l’acronimo di MAAS, Mobility As A Service. Piattaforme che hanno lo scopo di favorire l’integrazione tra tutte le componenti del sistema di trasporto, in particolare in ambito urbano. Piattaforme che si svilupperanno sempre di più e che offriranno agli utenti soluzioni integrate di viaggio. Un sistema che, con l’intelligenza artificiale, sarà sempre più performante e in grado di capire, e addirittura anticipare, le esigenze dei singoli. 

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