Sitran, Digioia: che nessuno si volti dall’altra parte, è in gioco il futuro dell’autotrasporto

9 Marzo 2025
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Alto lo scambio tra Alessio Sitran, manager legal requirements di VDO, voce esperta che spesso da queste pagine focalizza le macro tematiche che impegnano il settore, e Marco Digioia, segretario generale di UETR, associazione incaricata di rappresentare nel centro nevralgico della corte europea più di 200.000 micro, piccole e medie imprese di trasporto su strada, detentrici, nel loro complesso, di un parco di oltre 430.000 veicoli commerciali. Abbiamo chiesto loro di mettere a confronto visioni che nascono da una matrice comune – hanno iniziato entrambi vent’anni fa al servizio di Unioncamere, proprio a Bruxelles, dove oggi raggiungiamo Digioia e dove spesso Sitran torna in missione per conto della sua azienda – e che poi si sono sviluppate lungo percorsi differenti, mantenendo sempre però quell’interlocuzione a distanza che oggi cogliamo nel momento più complesso che il settore dell’autotrasporto abbia forse mai attraversato. A loro domandiamo, per rompere il ghiaccio, un’apertura sulle maggiori sfide che le aziende di autotrasporto sono chiamate a fronteggiare.

“Nel quadro di una necessaria, progressiva ottimizzazione della loro attività – risponde per primo Alessio Sitran – le aziende di autotrasporto hanno di fronte innanzitutto la sfida relativa alla governance, favorita, se non imposta, della digitalizzazione, e quindi dalla necessità di adeguare al passo della tecnologia strumenti di gestione, e penso per esempio al tachigrafo, che stanno evolvendo in maniera importante e veloce. Ma soprattutto gli imprenditori stanno affrontando la questione della sostenibilità, intesa come processo di trasformazione verso logiche di decarbonizzazione. Devono gestirla senza disporre in questo momento di reali certezze su quale strada convenga intraprendere, su quali siano le opportunità concrete in termini di costo-efficacia delle diverse proposte, che sono in costante evoluzione, con tutte le difficoltà che rincorrere tecnologie in movimento comporta al mercato. Per questo affermo che la vera sfida che le imprese dell’autotrasporto hanno di fronte oggi è quella della sostenibilità competitiva, una definizione che attraversa orizzontalmente le tradizionali accezioni del primo termine – ambientale, sociale e economica – aggiungendo un passaggio in più: tutte e tre le declinazioni sono da perseguire, a patto che non si perda in competitività. Per contro è quasi scontato considerare che solo migliorando la marginalità le imprese hanno le risorse per mettere su strada mezzi più efficienti e sicuri. Ma è al tempo stesso necessario anche lavorare sulla crescita complessiva della qualità e della professionalità del settore. 

“La domanda chiave è: l’economia reale ritiene di poter fare a meno dell’autotrasporto?” provoca Marco Digioia, quando arriva il suo turno di scegliere l’angolo di attacco. “Perché molte risposte – aggiunge – non possono che arrivare proprio da lì. Partiamo dalla questione della sostenibilità: aiutare gli autotrasportatori ad acquistare veicoli ecologici non risolve il problema, o almeno, non interamente. Una volta compresa – e ci auguriamo che questo avvenga in tempi brevi – l’opportunità di valorizzare tutte le alimentazioni in grado di ridurre le emissioni, senza limitarsi al mantra elettrico, anche sul tema dei veicoli a batteria occorrerebbe lavorare su più fronti. Prevedere le infrastrutture innanzitutto, e su questo qualcosa si sta muovendo, con lo stanziamento di oltre 400 milioni di euro disposto dalla Banca europea per gli investimenti finalizzato a rafforzare la copertura della rete di ricarica e rifornimento nazionale. Ma ancora non basta. Una questione prioritaria riguarda il costo dell’energia elettrica: se i prezzi non vengono calmierati, non è pensabile che le piccole e medie imprese, che costituiscono oltre l’80 per cento del mercato interno comunitario, siano in grado di fronteggiarne gli aumenti, sempre considerando i margini bassissimi che registriamo in molti Paesi”.

“Altro tema – prosegue Digioia – la carenza di autisti, ne mancano 600.000 in Europa, e questa difficoltà concorre a negare alle aziende la chance di giocare sul mercato in maniera sana: in Italia nei click day previsti dal Decreto Flussi per l’assunzione di lavoratori stranieri, le liste sono andate esaurite in tempi rapidissimi. Ma di più. L’autotrasporto sta camminando verso la digitalizzazione, modificando quello che è il cuore della professionalità dei conducenti: assumeranno sempre più, a patto di essere formati, il ruolo di manager del volante, abbandonando le vesti di meri esecutori. Alla luce di queste macro sfide appare urgente iniziare a pensare in modo strategico, con una visione a dieci, quindici, anche a vent’anni. Come UETR abbiamo intercettato la possibilità che i fondi comunitari a favore dell’autotrasporto possano venire eliminati, deragliati o di molto ridotti: se il tema dovesse un giorno rientrare esclusivamente nell’ambito delle scelte di politica economica degli Stati membri, forse ci troveremmo a fare i conti con il severo rischio che l’autotrasporto possa venire abbandonato a se stesso. Nel qual caso: chi trasporterà nei prossimi anni tutto ciò di cui ci sarà bisogno?”

E allora – chiediamo noi – proprio perché le sfide sono tante e il loro esito così dirimente, non è forse opportuno che sia il mercato stesso a decretare quali saranno le aziende in grado di sopravvivere perché saranno semplicemente state capaci di adeguarsi ad un cambiamento che, pare evidente, non può essere fermato né invertito?

“Chiaramente – interviene Digioia – la mentalità imprenditoriale delle PMI deve cambiare. Nessuno può aspettarsi di stare sul mercato alle stesse condizioni di quindici anni fa. Ma perché ciò sia possibile è indispensabile che si pongano in relazione in modo diverso anche tutti gli altri protagonisti della filiera del trasporto, a cominciare dalla committenza. Il cambiamento verso una mentalità imprenditoriale deve avvenire anche da parte loro, nel loro rapporto con i fornitori, e non lo si può domandare solo all’anello più debole della catena. Che se poi questo poi si rompe, qual è l’alternativa? Che fare dopo?”.

“In questi ultimi anni – aggiunge Sitran – stiamo assistendo anche in Italia ad un processo di trasformazione del tessuto delle imprese di autotrasporto, con una riduzione costante del numero delle aziende monoveicolari a favore di strutture più grandi, portatrici della forza necessaria per gestire le sfide del mercato. Però non possiamo esigere che sia solo il trasportatore a rispondere al cambiamento: è fondamentale che si creino le condizioni di sistema. Perché se la filiera tutta non fa la sua parte, se anche noi come consumatori, dimenticandoci talvolta dei costi del trasporto, non riconosciamo il ruolo che le piccole e medie imprese rivestono nella filiera, se a livello infrastrutturale non accompagniamo le aziende nel loro processo di investimento verso la transizione energetica, sarà corretto ma non sufficiente pretendere da loro un processo di trasformazione di mindset verso una governance più strutturata, più manageriale. Serve un nuovo parteneriato pubblico-privato, animato da una visione di medio e lungo periodo – che in realtà l’Italia ha fatto fatica più di altri paesi europei ad esprimere – che abbia finalmente la capacità di stabilire i punti chiave di un percorso di sviluppo del sistema. Rendiamoci conto che quello che noi oggi stiamo vivendo non è un semplice cambio di modalità, è l’evoluzione verso una nuova forma di mobilità”.

“Aggiungo che è imprescindibile inserire nel piano – continua Sitran – una coerente pianificazione del territorio e delle sue infrastrutture, perché quand’anche le aziende di autotrasporto riescano ad investire su veicoli più moderni e sostenibili, se poi manca un’adeguata infrastrutturazione del territorio, se permangono colli di bottiglia ad esempio sull’ultimo chilometro che rendono più difficile l’intermodalità, allora diventa difficile per il sistema, se non impossibile, progredire. Per questo dico: possiamo e dobbiamo chiedere lo sforzo alle imprese, che sono attori socioeconomici importanti, di muoversi verso il cambiamento. Ma di questo cambiamento non possono assumersene integralmente il peso, deve essere un’evoluzione generale di sistema che permetta al loro investimento di dare i suoi frutti in termini di competitività. Perché se il conto dei trasportatori sarà in positivo, ne trarrà vantaggio l’economia reale nel suo insieme”. 

“Questa mancanza di visione, problema endemico del nostro Paese – rincara Marco Digioia -, purtroppo si riscontra anche a livello comunitario. L’ultimo libro bianco europeo ha visto la luce moltissimi anni fa, e oggi manca una roadmap non solo per l’autotrasporto, ma per il trasporto in generale. Pensiamo solo che la Commissione ha appena lanciato un dialogo strategico sul futuro dell’industria europea dell’automotive, e il trasporto non è compreso nella discussione, mentre sarebbe vitale che lo fosse. Le positive iniziative a macchia di leopardo, che pur esistono, non sono sufficienti perché le diverse modalità devono funzionare come un orologio: se il meccanismo si inceppa, l’Europa cessa di essere competitiva. Un commento sul tema dei famosi costi di esercizio. Non ci aspettiamo un’armonizzazione a livello europeo, è semplicemente impossibile. Però vorremmo vedere uno strumento capace di tenere quanto meno monitorati questi costi, e renderli pubblici, e oggi non esiste nulla del genere. Io mi chiedo, se siamo riusciti a ottenere una direttiva sul distacco degli autisti, se a livello UE si parla di salario minimo europeo, perché non possiamo a iniziare a discutere della problematica dei costi di esercizio, non con l’obiettivo, ripeto, di un’armonizzazione, ma almeno per poter disporre di un riferimento che consenta alle PMI di trasporto di dialogare con la committenza all’interno di uno schema maturo di relazioni industriali?”.

Alessio Sitran, Marco Digioia, una battuta finale che sintetizzi la vostra posizione. “Gli operatori – conclude Digioia – devono essere messi in condizione di abbracciare in modo efficace la transizione verde e i suoi aspetti sociali e economici: devono essere attori protagonisti, e non vittime, in questo momento di passaggio, perché chi beneficia del loro lavoro è l’economia reale tutta”. “Un appello” risponde Alessio Sitran. “Quando viaggiamo sulle nostre strade e incontriamo questi veicoli che trasportano merci che noi stessi abbiamo ordinato, facciamo una riflessione sul significato che quel mezzo ha per l’economia, su chi lo sta conducendo e sulla sua professionalità. E non dimentichiamo mai che questo settore è la spina dorsale del sistema economico, e che tutta la filiera, anche noi come consumatori, siamo chiamati a favorirne lo sviluppo”.

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