Sara Anfossi: dalla cucina all’officina, storia di una moderna Lady Oscar

Intervista a Sara Anfossi, titolare Autofficina Anfossi

Il sorriso è ciò che colpisce immediatamente in questa giovane donna nata e cresciuta nel regno degli uomini. Un padre e un fratello che si sono passati il mestiere con quella complicità che fluidifica la comunicazione tra rappresentanti della stessa metà del mondo e lei che, mentre Paolo veniva istruito fin da tenera età ad orientarsi al meglio in un’officina meccanica, attendeva paziente in casa che arrivasse il suo momento, magari in cucina, stanza più adatta alle sue mani da bimba. Oggi che quella curiosità e quel desiderio di affiancare gli uomini di famiglia li ha trasformati in professione, oggi che fronteggia autotrasportatori scorbutici terrorizzati come elefanti davanti ad un topolino quando prende in consegna i loro mezzi, Sara Anfossi ci spiega il passaggio epocale che attende chi opera nell’internazionale, con la conversione al tachigrafo intelligente di seconda generazione che bussa alla porta, e molte aziende che fanno finta di non sentire il rumore delle nocche sul legno.

Sara Anfossi, partiamo dal principio: com’è iniziato tutto?

L’azienda è nata con mio papà Giacomo nel 1977. Lui ha iniziato lavorando presso altri elettroauto della zona, ma lo status di dipendente non faceva al caso suo, e con un piccolo aiuto da parte dei nonni ha deciso di intraprendere la via del solista. Ha trascorso i primi vent’anni in un posto infelice, riparava i camion praticamente in mezzo alla strada lanciando i cavi da una specie di cantina al piazzale dove sostavano i mezzi. Neve, pioggia: questo fatto i clienti storici se lo ricordano ancora. Lavorava all’aperto, erano i fantastici anni Settanta e Ottanta. Nel 1991 ha acquistato un terreno e ha costruito un capannone – dove siamo ancora oggi – a misura di mezzi pesanti: si è sempre occupato anche di autovetture, ma i camion sono stati e sono tuttora la sua grande passione. Quella che aveva scelto era un’area industriale in espansione, un ottimo fiuto perché oggi ci ritroviamo su una strada battuta, leggermente decentrata sì, però in prossimità dell’ingresso autostradale. Il nome corretto dell’azienda è Anfossi Giacomo e C. snc: lo lasceremo in eterno, anche quando papà uscirà, perché è storico ed è un tributo dovuto. Oggi lui è in pensione ma naturalmente continua a presidiare l’officina: il ricambio generazionale è stato combattuto, lui appartiene ad una generazione che non conosceva orari, è sempre stato un fan del “chiunque arrivi si accoglie, a qualunque ora del giorno o della notte”, e a fatica si è reso conto che non è più possibile chiedere ai collaboratori il fuori orario, ma soprattutto che serve pianificare per massimizzare la produttività.

Torniamo a quando lei e Paolo avete fatto il vostro ingresso in azienda…

Sì, mio fratello è arrivato nel 1996, aveva studiato elettrotecnica, ma fin da piccolo trascorreva le sue estati a studiare il lavoro che avrebbe poi svolto per il resto della sua vita. Io sono entrata nel 2001, una volta terminata ragioneria. Nel mio caso – dice sorridendo, sinceramente divertita – era mamma che mi “sfruttava” per i lavori di casa. Loro finivano in officina, rientravano, e la piccola colf aveva preparato da mangiare e pulito. Era però quello che facevano loro che mi interessava: papà ha sempre detto che avrei dovuto nascere maschio perché così mi avrebbe messo prima al lavoro, ed effettivamente sono sempre stata attirata dalla componentistica, dalla motoristica. Una passione di famiglia dunque, che ci ha portato a crescere: inizialmente ci occupavamo solo della parte elettrica, poi abbiamo inserito un collaboratore per la meccanica, delle autovetture. Negli ultimi tre anni con i contributi di Industria 4.0 siamo entrati nel mondo gomme. Oggi per chiudere il cerchio ci manca solo la carrozzeria.

Com’è nata e come si è sviluppata la collaborazione con Continental VDO per l’installazione e la revisione dei tachigrafi?

È partito mio padre con i dispositivi analogici: all’epoca, parliamo del 1984-1985, ottenemmo una delle prime concessioni italiane. Portava la sigla MICA CN 001, mio padre ne è sempre andato molto fiero. Erano tempi in cui la VDO non era ancora VDO, non era Continental, era Kienzle. Mio fratello, una volta entrato in azienda, ha cominciato anche lui a occuparsi dei tachigrafi analogici, fino al 2006, quando è nato il grande amore per i digitali. Io ero già qui al lavoro, e inizialmente gestivo solo la contabilità: ben presto però, essendo necessario l’inserimento di un altro tecnico, ho deciso di intraprendere il percorso di formazione e di conseguire gli attestati. All’epoca ero l’unica donna. 

Come stanno rispondendo le aziende all’obbligo di passare al tachigrafo digitale intelligente di seconda generazione?

È dal mese di marzo che ricordiamo a chi svolge trasporto internazionale la scadenza di fine anno, con depliant appesi in officina, note all’interno delle fatture. Abbiamo anche previsto un periodo di promo commerciale, ma la risposta finora è stata tiepida. Eppure entro il 31 dicembre 2024 si devono adeguare tutti i veicoli immatricolati prima del 15 giugno 2019, e per quelli immatricolati successivamente il termine è al 18 agosto 2025. Senza dimenticare che dal 1° luglio 2026 sarà obbligatorio installare il dispositivo anche sui mezzi leggeri. C’è bisogno di procedere rapidamente, e prima lo si fa e meglio è, perché il centro tecnico potrebbe ad un certo punto non avere più lo spazio per nuovi appuntamenti. Senza contare che, per quanto Continental VDO stia lavorando molto bene, è possibile che i distributori possano avere qualche difficoltà nell’approvvigionare i dispositivi nei tempi utili. Noi revisioniamo 300-350 tachigrafi digitali all’anno, e quelli interessati dal retrofit saranno circa il cinquanta per cento: ci vuole tempo, anche perché la seduta, che include la contestuale revisione periodica, non può durare meno di un’ora e mezza. Molti posticipano, altri rispondono ‘no grazie’,  ritenendo improbabile l’eventualità di venire fermati. Attenzione perché con la nuova tecnologia DSRC il controllo verrà effettuato da remoto e le forze dell’ordine avranno la possibilità di verificare se un veicolo è in regola oppure no ancora prima di estrarre la paletta.

I tachigrafi vengono ancora manomessi? Qual è la vostra esperienza?

Essendo stati uno dei primi centri tecnici a aprire nel 2006, sono arrivati fin da subito clienti da tutta Italia portandoci in regalo un campionario di idee fantasiose difficili da dimenticare. La collaborazione con le forze dell’ordine da una parte e con Continental VDO dall’altra è stata sotto questo aspetto fonte di grande arricchimento per noi, che siamo diventati espertissimi nella nostra materia proprio grazie alle indicazioni e ai suggerimenti degli esperti. Non abbiamo mai avuto e non abbiamo oggi l’obbligo di segnalare alle forze dell’ordine eventuali anomalie, ma di ripristinare l’impianto sì. Come reagiscono i trasportatori? Se sono gli autisti ad aver manomesso il tachigrafo si preoccupano che l’informazione non arrivi al loro capo; i datori di lavoro invece ci chiedono spesso di sospendere la revisione. Comunque i casi sono sempre meno: in zona si sa che la nostra officina opera nella piena legalità. Sulla strada poi ci siamo tutti, e il mestiere dell’autista è già stancante quando si limita a lavorare per le ore prescritte dalla normativa. Naturalmente abbiamo parlato degli episodi eclatanti che fanno notizia: la maggior parte delle aziende è attenta alle norme, e noi le abbiamo sempre affiancate volentieri con la nostra consulenza, fin dall’entrata in vigore del digitale: abbiamo sempre cercato di fornire un servizio a 360 gradi, la normativa cambia continuamente ed è motivo di grande soddisfazione per noi riuscire a essere un punto di riferimento per i clienti.

Sara, è stato difficile nascere, crescere ed affermarsi in un mondo così maschile? 

Sì, e continua ad esserlo per certi aspetti, perché non tutti gli autisti, specialmente chi non ci conosce, hanno piacere che sia una donna a dir loro cosa devono fare, come devono lavorare. Ho imparato a comportarmi così: più sono burberi e più sorrido, e questo atteggiamento inizialmente li fa inferocire, poi però si sciolgono. Per assurdo hanno meno difficoltà gli anziani rispetto ai giovani, perché questi ultimi vivono il dover dipendere dalla risposta di una donna come un affronto, invece le persone più mature riescono a capire che se gli altri due soci hanno lasciato una donna da sola in officina, forse avrà le qualità per rimanerci.

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