Avevo sentito parlare di Oikyweb, la società di servizi logistici di cui il Professor Raffaele Ghedini è Presidente, come di una mosca bianca nel panorama della logistica italiana e il mio interesse era comprendere cosa rendesse questa realtà così “diversa”. Quando finalmente lo incontro lui, il Professore, mi sorprende subito, serissimo come appare, con una battuta: “Non mi piace mosca bianca, preferisco dire che Oikyweb è una zebra a pois…”. Personaggio poliedrico, economista formatosi a Cambridge e poi richiamato giovanissimo in Italia alla corte dell’allora uomo più potente dell’economia italiana, Guido Carli, professore universitario, finanziere industriale, consulente di Governi, grandi gruppi ma anche PMI italiane, imprenditore: a chi, se non a lui, portatore allo stesso tempo del pensiero alto dello studioso e della visione strategica dell’economista, chiedere una risposta alle domande che da qualche settimana mi giravano nella testa riguardo alla delicata situazione che sta attraversando la logistica italiana? Mi accoglie negli eleganti uffici della Oikyweb, è di buon umore.
Professor Ghedini, da qualche tempo mi chiedo quali scenari attendano la logistica italiana: siamo ad un punto in cui sono in atto indagini, proposte di legge e interrogazioni parlamentari. Cosa sta succedendo?
Il fatto che le autorità pubbliche si occupino del settore non deve essere visto con preoccupazione. Ciò fa parte delle corrette dinamiche di gestione di qualunque attività rilevante per il Paese, e che la logistica abbia rilevanza nel nostro, come in tutti i Paesi del mondo, è una realtà che il Covid ha reso manifesta. Vede, io sono un boomer, la mia generazione e quelle successive si sono cullate per decenni nell’illusione che il mondo occidentale non avrebbe più avuto guerre. Figlie di quella illusione sono state le idee, emerse tra gli economisti e poi fatte proprie dai decisori politici, circa l’opportunità di deindustrializzare le strutture produttive dei Paesi più sviluppati e globalizzare l’economia. Poi un giorno è suonata improvvisa una sveglia, tutti sono usciti dai loro sogni globalizzanti per accorgersi che nel cuore dell’Europa c’è una guerra orribile che nessuno sa quando e come potrà finire. Stesso discorso per il Medio Oriente, ma anche per l’Africa, che ribolle, senza parlare dello scacchiere pacifico, in cui rivediamo esercitazioni ed esibizione di muscoli come non succedeva da decenni, e potremmo proseguire… Allora, quando il gioco si fa duro, gli strateghi da salotto tornano a giocare a golf, e i temi geo-climatologici, geo-demografici e geo-politici rimettono in ordine l’agenda, evidenziando le priorità essenziali: la disponibilità delle materie prime, la capacità di produzione alimentare, la capacità (ahimè!) di difesa militare, l’indipendenza del proprio debito nazionale dall’estero (e da questo punto di vista l’Italia, sempre trattata come Calimero dai partner europei, sta meglio di molti di loro!), e pochissimi altri argomenti tra cui la disponibilità di una logistica efficiente, di qualità ed autonoma. La domanda è: l’Italia ha una logistica efficiente, di qualità ed autonoma?
Me lo dica lei. Prima però una curiosità: perché secondo lei i partner europei ci trattano sempre, come ha detto, da Calimero?
(La risposta è una rasoiata) È semplicissimo, perché noi Italiani abbiamo elevato alla sublimità dell’arte i comportamenti di accettazione, quando non addirittura di desiderio, di essere trattati da pulcino nero. Ma questo ci porterebbe troppo lontano, se le interessa la logistica è meglio che rimaniamo sul tema …
D’accordo, però mi promette che una prossima volta parliamo del pulcino nero…
D’accordo, parleremo del pulcino nero (ride). E’ del tutto evidente che oggi il nostro Paese non ha una logistica efficiente, di qualità ed autonoma. Partiamo dall’ultimo attributo: l’autonomia. Avevamo in Italia il corriere espresso in assoluto più capillare e completo, di proprietà privata, e un corriere di proprietà pubblica che, appoggiandosi alla capillarità unica ed inarrivabile della struttura postale – quella del suo azionista – avrebbe potuto (e io direi dovuto!) diventare il primo operatore italiano da almeno 10 anni. E invece? Il primo è stato venduto, non è più di proprietà italiana, il secondo, intrapresa finalmente la strada dovuta ma troppo in ritardo, insegue Amazon a cui, nel frattempo, è stato concesso di fare tutto ciò che voleva. E questa ovviamente, arma impropria di distruzione di massa qual è, dopo aver distrutto intere porzioni di tessuti industriali di settori fornitori, rendendoli schiavi della piattaforma, ora sta facendo lo stesso con il trasporto. Passiamo al secondo attributo: la qualità. Abbiamo in Italia aziende che sanno lavorare molto bene, spesso meglio di molte delle loro equivalenti europee, ma se intendiamo riferire l’attributo della qualità non ad una realtà operativa a macchia di leopardo, ma a livello integrato di sistema Paese, ciò può essere abilitato solo dalle strutture operative di grandi operatori nazionali. Abbiamo parecchie eccellenze, ma non possiamo contare su un sistema nazionale di qualità. E passiamo infine all’efficienza, che non significa solo essere capaci di fare, bensì di fare bene sempre e ovunque in modo sostenibile, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello della correttezza legale. E qui le recenti vicende, anche giudiziarie, cui lei accennava, dimostrano chiaramente che efficienza non c’è. Quindi finalmente, io dico, cominciamo a prenderne atto.
Dunque lei ha un giudizio positivo di quanto sta avvenendo?
Da un punto di vista sistemico sicuramente. Purtroppo quando si arriva a certi eccessi, talune decisioni non possono non fare male alle imprese coinvolte, così come, anzi soprattutto, a tanti lavoratori che non hanno alcuna colpa. Ma a livello macro il fatto che l’Autorità Pubblica si occupi della logistica, che ci siano Giudici che vogliono verificare la correttezza di certe dinamiche consolidate, che il Governo si preoccupi di comportamenti diffusi nel settore, che il Parlamento ne discuta, è molto positivo. Considerando la scarsità di attenzione che il settore ha sempre ricevuto, questa è una fase importante. Direi anzi che la domanda da farsi è: come è possibile che si sia arrivati ad un punto simile? Ad un punto in cui aziende, che tutti hanno sempre considerato grandi, consolidate, diffuse, potenti, vengano oggi definite giganti dai piedi d’argilla? La risposta è semplice: è proprio a causa della scarsità di attenzione che il settore ha avuto in passato. Quanto sta avvenendo in questi mesi potrebbe portare a ristrutturazioni straordinariamente positive, se gli attori interessati sapranno evitare banali riconfigurazioni gattopardesche.
Cosa significa? Può spiegare meglio questi due possibili scenari?
Vede, una domanda alla quale è importantissimo rispondere è la seguente: quali sono le cause di quanto avvenuto? Da quanto leggiamo parrebbe che manager apicali di alcune società indagate abbiano avuto comportamenti irregolari. Niente di nuovo dal punto di vista sistemico, visto che in qualunque sistema complesso la presenza di comportamenti devianti è normale. Ma il punto è: è ipotizzabile che i comportamenti devianti abbiano causato, essi soli, la situazione emersa oggi ma già da molto tempo esistente e nota? Ovviamente no: troppe cause sistemiche, strutturali, hanno avuto una evidente importanza causante. Tra queste, giusto per fare un esempio, anche il comportamento della committenza.
So che sta per spiegarmi meglio…
Lei immagini di essere l’ad di una società di logistica, è una persona serissima e fortemente motivata all’innovazione di servizio e al miglioramento continuo della qualità dei suoi servizi. Investe nel personale, nella sua formazione, in sistemi digitali evoluti e nelle sue strutture, supportando evidentemente costi più alti rispetto a quelli dei concorrenti che terziarizzano tutto, che hanno assunto solo se stessi, una segreteria, il figlio, la ragazza del figlio e il cane come portiere. Lei però non se ne preoccupa perché pensa: quelli non hanno alcun controllo sulle proprie operation, e la mia qualità è talmente superiore che i clienti non potranno non riconoscermi un premio di prezzo. Ed è rassicurata in questa sua convinzione dal fatto che in effetti i clienti le confermano la loro soddisfazione. Arriva però la fine d’anno, e lei invia a tutti i tender i suoi prezzi. A quel punto scopre che i clienti le chiedono di ribassare perché hanno offerte inferiori. Lei obietta che le offerte inferiori arrivano da aziende che hanno assunto solo il cane come portiere, e che la sua qualità non può essere paragonata con la loro. Le rispondono: lo sappiamo, ma purtroppo dobbiamo rispondere alla direzione finanziaria che non intende accettare un delta costo così alto. Cosa fa?
Cosa faccio, cedo?
Se ha una fortissima determinazione a voler proporre servizi di qualità e, insieme, una adeguata robustezza finanziaria, resiste a quella pressione, non cede, ma deve ovviamente ridurre i prezzi almeno di quel poco che può. Risultato: lei sarà un operatore di alta qualità che, per rimanere tale, avrà una marginalità più bassa della media del mercato e un fatturato molto più basso di quanto la sua azienda meriterebbe e di quanto il mercato avrebbe bisogno per poter far godere ad una più ampia fascia di clientela i benefici dei suoi servizi. Ma se non ha quella determinazione e quella robustezza finanziaria? Non le resta, se non vuole o non può chiudere, che licenziare tutti gli operativi, tenere assunti solo una segreteria, il figlio, la ragazza e il cane come portiere, e terziarizzare tutto. Ciò innesca un meccanismo perfettamente descritto dalla Teoria dei Giochi e noto come “Dilemma del prigioniero” che, adattato alla realtà che stiamo descrivendo, potrebbe essere riassunto così: se io temo (o in questo caso so) che gli altri adotteranno un comportamento, diciamo così, “non ottimale”, sono costretto ad adottare anch’io quel comportamento, altrimenti perdo (le gare) e alla fine sono eliminato dal mercato. Il risultato globale è che il sistema seleziona le condotte di terziarizzazione incentivandole, e per questo finisce per essere popolato da una quasi totalità di operatori terziarizzati, dove il “quasi” resiste grazie a quei pochissimi che lei chiama mosche bianche e io zebre a pois (ride). Allora si impone una domanda: i suoi committenti sanno o non sanno che nella terziarizzazione si nascondono ampie aree di border-line, nonché aree che vanno anche al di là del bordo? Temo di sì. E allora, nel processo di causazione della struttura della sua azienda, e in definitiva del settore intero, contano più le decisioni e i comportamenti suoi o quelli dei suoi committenti?
Esiste una via d’uscita?
Ciò che succederà dipenderà dai comportamenti di tutti gli attori interessati, aziendali e pubblici. Prima le ho dato la mia visione molto positiva di quanto sta avvenendo sul fronte dei comportamenti delle Autorità pubbliche. Stanno creando, anzi io direi che hanno già creato, le condizioni ed il contesto generale entro il quale potrebbe essere assunto, da qualcuno degli operatori giganteschi che sono stati interessati dalle indagini, un comportamento che innescherebbe un esito straordinariamente positivo di questa vicenda. Se guardiamo alla situazione con l’occhio dell’analista socio-economico, ciò che sta avvenendo è sintetizzabile in un crollo di reputazione, una delle situazioni peggiori che possano capitare ad operatori economici di grande notorietà. Se torniamo a farci aiutare dalla Teoria dei Giochi, scopriamo che un attore ha un solo modo per superare l’handicap spaventoso rappresentato da un crollo di reputazione forte ed improvviso, ed è un enorme investimento in reputazione, che ha tanta più probabilità di essere efficace quanto più sono alte la coerenza rispetto alle determinanti del crollo subito, e la non reversibilità dell’intervento. Quanto alla prima, sappiamo che le determinanti del crollo di reputazione sono state le implicazioni dello sfruttamento eccessivo della terziarizzazione: bene, riesce ad immaginare qualcosa di più coerente della rinuncia alla terziarizzazione? Quanto all’irreversibilità: con le normative italiane riesce ad immaginare qualcosa di meno reversibile della rinuncia alla terziarizzazione?
Quindi, mi faccia capire, lei si aspetta che qualcuno dei giganti interessati dalle indagini se ne esca dicendo: assumo tutti direttamente?
Esattamente, mi ha compreso benissimo, e me lo aspetto e lo dico da parecchio. Se chi avrà il coraggio di giocarla la saprà giocare bene, questa sarà una strategia di efficacia spaventosa, capace di regalare un vantaggio enorme a chi la utilizzerà, ma anche di spingere nella corretta direzione tutto il settore, portando nel tempo ad una ristrutturazione positiva di tutta la logistica, con benefici generali di sistema, per tutto il Paese, inimmaginabili. Parlo di giocarla bene perché anche un gigante non potrà chiedere di essere pagato di più solo perché ha riassunto tutti. Dovrà essere capace di assicurare, con gli operatori diretti, una qualità di servizio superiore. Questo processo, se iniziato da un gigante, darebbe a lui un vantaggio enorme e attiverebbe una catena di trasmissione che interesserebbe tutto il settore. A quel punto, ad un settore riorganizzato, anche la committenza sarebbe obbligata a riconoscere prezzi diversi a qualità diverse e, le aggiungo, alla fine scoprirebbe di esserne molto felice.
Uno scenario dalla forza innovatrice dirompente… E se invece nessuno avesse questo coraggio? Cosa succederebbe?
Continueremmo ad operare in una tundra selvaggia piena di sabbie mobili, in cui sarebbe molto difficile costruire qualcosa di significativamente utile per il settore e per il Paese. (Si sofferma, pensieroso) Però non credo, è troppo grande il vantaggio dello scenario positivo. Inoltre l’unico operatore rimasto italiano è pubblico, e come abbiamo visto l’Autorità pubblica ha iniziato ad occuparsi del settore… non vorremo davvero aspettare che l’arma impropria di distruzione di massa completi la sua opera con il risultato di trovarci con il Paese privo di una propria capacità logistica efficiente, di qualità, ed autonoma? Sarebbe una situazione inaccettabile e indegna di un Paese come l’Italia.
Anche dell’arma impropria di distruzione di massa un giorno mi piacerebbe riparlare. Ma torniamo a noi, mi permette un’ultima domanda, personale?
Ahi, mi fa paura… Ok. Spari pure.
Se lei fosse Presidente di uno di questi giganti, avrebbe il coraggio di fare questa mossa?
(Non ci pensa neanche un secondo) L’avrei già fatta. Perché il first-mover avrà un vantaggio enorme.
Grazie. Però dobbiamo rivederci per parlare del pulcino nero, era una promessa! E anche di tanti altri temi che abbiamo solo accennato…
Va bene, senz’altro, le promesse si mantengono. Grazie a lei.