Dove si nasconde il futuro delle batterie?

Litio. Denominato “oro bianco” a causa della sua centralità a livello tecnologico perché sta catalizzando una delle principali rivoluzioni di questa nostra era postmoderna, non è inesauribile
21 Aprile 2024
6 mins read

Data la domanda crescente di batterie al litio, questo elemento avrà presto bisogno di nuovi alleati che possano affiancarlo in applicazioni con specifiche esigenze, per riuscire a sostenere i fabbisogni d una società sempre più elettrificata. Che fare? Quello che si fa sempre. Si cercano alternative.

Lezioni di vita

Scrisse Platone qualche secolo fa: “ogni problema ha tre soluzioni: la mia soluzione, la tua soluzione e la soluzione giusta”. Quindi l’avevano capito anche gli antichi: non esistono soluzioni perfette in termini assoluti. Quello che conta è trovare il giusto compromesso, quella via, alternativa fra tutte, che “accontenti” il più possibile. Facile? No, visto che ne stiamo parlando da un paio da millenni. Ma fortunatamente fattibile.

Lezioni di chimica

Quando Platone scrisse la massima di cui sopra, probabilmente aveva in mente un altro tipo di problema, più squisitamente filosofico, etico o politico. Ma di sicuro non tecnologico. Sarà come sarà, fatto sta che comunque la sua affermazione calza a pennello anche alla nostra era, supertecnologica e avanzata, dove abbiamo a disposizione conoscenze che Platone, con tutto il rispetto, “se le sognava” e che ci danno la possibilità di trovare quelle famose alternative di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo.

Dunque, se la necessità di un futuro non troppo lontano è quella di trovare una soluzione che possa affiancarsial litio nelle batterie che sono alla base della nostra transizione verso un mondo più green e sostenibile, da dove cominciamo? Dalla tavola periodica, ovviamente.

Tutto a sinistra su questo splendido organigramma degli elementi che compongono il nostro universo, troviamo i metalli alcalini: litio (Li), sodio (Na), potassio (K), rubidio (Rb), cesio (Cs) e francio (Fr). Un gruppo omogeneo di metalli molto reattivi, che perdono facilmente l’elettrone del livello elettronico più esterno, formando cationi (ossia ioni con carica positiva). Nei loro composti assumono invariabilmente numero di ossidazione +1, e mostrano una chimica essenzialmente ionica (fonte: Wikipedia).

L’elenco con cui ve li abbiamo citati segue quello della tavola periodica, andando a sottolineare come ognuno di essi sia “più grande” del precedente. Quindi se il litio è il metallo alcalino con l’atomo più piccolo della categoria (stiamo parlando di peso atomico, ossia la “grandezza del nucleo dell’atomo” intesa come quantità di protoni e neutroni al suo interno), gli altri crescono con salti che ogni volta ne triplicano (all’incirca) il numero. Così dal 3 del litio passiamo all’11 del sodio, al 19 del potassio, via via per arrivare all’87 del francio.

Lezioni di ingegneria elettrica

Quindi, chi ha studiato chimica sa che la prima valutazione utile a trovare il sostituto di un elemento è considerare gli altri elementi ad esso affini nella tavola periodica. Detto fatto, mettiamo il sodio al posto del litio. Soluzione trovata? Ni. Perché? Perché è vero che il sodio ha comportamenti chimico-fisici analoghi al litio, ma… non è il litio. Quindi per sostituire sodio a litio nelle batterie, succede un po’ quello che succede a sostituire batterie e motori elettrici ai propulsori endotermici. I progetti vanno rivisti.

Dalle lezioni di chimica quindi apprendiamo che il sodio è un buon candidato, ma che è anche più grosso del litio. E qui sta il principale problema ingegneristico: ricordate come funziona una batteria al litio? In soldoni gli atomi di litio si spostano alternativamente dal catodo all’anodo nei vari cicli di carica e scarica, “nuotando” in un elettrolita liquido e attraversando una membrana di separazione. Lo stesso fa il sodio in una batteria Na-ion. Ma essendo lui più “grosso”, esercita uno stress meccanico maggiore di quello del litio sugli elementi che compongono i due poli e in particolare sull’anodo che, dovendo avere carica negativa, è spesso fatto di materiale a base di carbonio, quindi soprattutto grafite. Beh, man mano che i cicli della batteria Na-ion aumentano, il fatto di assorbire e rilasciare sodio porta letteralmente la grafite a sfaldarsi nel giro di poco tempo. Risultato? La batteria al sodio può garantire cicli di vita più brevi.

Struttura di una cella al sodio: Immagine tratta dal testo di Daniel, C.; Besenhard, J.O. “Handbook of Battery Materials”

Sempre dalle lezioni di chimica sappiamo che il sodio ha un potenziale standard di riduzione più basso rispetto al litio, ovvero una tendenza minore ad acquisire elettroni. Di conseguenza, una batteria al sodio, oggi, può fornire un voltaggio massimo inferiore rispetto a una batteria al litio: il voltaggio nominale della cella al sodio è di 2,3 – 2,5V rispetto ai 3,2 – 3,7V del litio.

In soldoni, a parità di peso, una batteria di sodio trasporta meno carica di una al litio, ovvero avrà una densità energetica inferiore di circa il 40% rispetto a una equivalente batteria al litio. E qui gli ingegneri delle macchine si mettono le mani nei capelli al pensiero di quanti pacchi di batterie al sodio dovrebbero usare per alimentare le macchine che progettano. Risultato? La batteria al sodio può garantire minori autonomie operative e meno spunti energetici quando necessario.

Ahi, ahi, ma allora perché si sta parlando così tanto di sodio?

Lezioni di sostenibilità

Fin qui abbiamo raccontato la “parte brutta” del sodio, ma tanto se ne parla perché offre anche innumerevoli e indubitabili vantaggi. Vediamoli in breve:

  • altissima disponibilità del sodio in natura: il sodio è , infatti, il sesto elemento più abbondante sul nostro pianeta, caratteristica di non poco conto se pensiamo all’avvento dell’elettrificazione in sempre più ambiti;
  • ridotti costi di produzione: le materie prime delle batterie al sodio, essendo abbondanti in natura, sono di conseguenza più economiche, consentendo una produzione su larga scala a costi contenuti;
  • sicurezza: le batterie al sodio sono considerate estremamente sicure, poiché il sodio non è infiammabile e non presenta, quindi, rischi di surriscaldamento o incendio.
  • basso impatto ambientale: caratteristica data dalla semplice reperibilità di questa materia prima e i ridotti costi per la sua estrazione;
  • resistenza alle basse temperature: le batterie al sodio sopportano temperature rigide con la possibilità di operare in un intervallo che va da −20 a 60 °C, mentre quello ottimale per le celle al litio si colloca in un range operativo tra 0° e 50°.

Il sodio permetterebbe quindi di rendere la transizione energetica da fonti fossili a fonti rinnovabili ancora più… sostenibile e accessibile per tutti.? Ebbene, si. Ma se i vantaggi in termini di disponibilità delle risorse e sicurezza sono evidenti, restano da affrontare le sfide tecnologiche ancora presenti.

Conclusioni e primi passi

Le batterie al sodio rappresentano, quindi, una prospettiva entusiasmante per il futuro dell’energia, a patto di compiere dei passi in avanti nel loro sviluppo soprattutto in termini di prestazioni e durata. Ma cosa ne pensano i protagonisti della transizione? Abbiamo chiesto un parere a Flash Battery

Le batterie al sodio sono attualmente meno performanti, a causa di una bassa densità energetica, ma costituiscono una possibile alternativa al litio per tutte quelle applicazioni in cui non sono richieste elevate prestazioni. Questo aspetto è fondamentale per fare fronte alle richieste di un mercato in continua crescita e destinato a crescere ulteriormente. È importante guardare al futuro e riuscire a garantire la sostenibilità della filiera, utilizzando il litio nelle applicazioni in cui è indispensabile e cercando tecnologie che possano permettere di differenziare una parte di produzione e non gravare esclusivamente sul litio, per soddisfare tutte le richieste di elettrificazione.” – Alan Pastorelli, Co-Fondatore e CTO di Flash Battery.

Secondo le previsioni, il mercato delle batterie agli ioni di sodio è destinato a crescere a un ritmo del 27% all’anno nei prossimi 10 anni. Si presume che la produzione annuale passerà dai 10 GWh nel 2025 ai circa 70 GWh del 2033 registrando un aumento praticamente del 600%.

La diffusione della tecnologia agli ioni di sodio potrebbe essere favorita ulteriormente dal fatto che molte delle tecnologie di produzione delle celle al sodio sono in comune con quelle delle celle agli ioni di litio, dando la possibilità di convertire gli impianti e limitando ulteriormente i costi di produzione.

Last but not least, il settore automotive sta guardando con interesse al sodio e, per la legge dei grandi numeri, potrebbe dare la spinta definitiva al loro perfezionamento. Basti vedere quanto sta facendo CATL, il più grande produttore mondiale di batterie agli ioni di litio per autoveicoli elettrici e sistemi di accumulo di energia: intuendo che sostituire una fetta del mercato occupato dalle batterie agli ioni di litio con quelle con gli ioni di sodio avrebbe vantaggi consistenti nella diminuzione del prezzo delle batterie al litio, ha sviluppato un pacco batterie ibrido, che consiste nel mescolare e abbinare batterie agli ioni di sodio e batterie agli ioni di litio in una certa proporzione, integrandole in un unico sistema di batterie e controllando i diversi sistemi di batterie attraverso un BMS intelligente. Il veicolo potrebbe sfruttare le prestazioni a bassa temperatura della batteria agli ioni di sodio o l’alta densità energetica, a seconda delle esigenze. Il progetto è ancora in fase sperimentale, ma ha già catturato l’attenzione dell’intero settore.

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