Massimiliano Abriola, Arval: la telematica che scandisce il futuro delle flotte

Intervista esclusiva a Massimiliano Abriola, Head of Consulting and ARVAL Mobility Observatory

Tecnologie digitali. Connettività. Big data. Intelligenza artificiale. Quante di queste tematiche, nel trasporto di oggi, sono futuristiche? E quante, invece, sono già realtà? Non si tratta di due domande che si escludono a vicenda, quanto piuttosto di una sorta di percorso che delinea una transizione evolutiva in atto. Ma quanto in atto? A giudicare dai risultati dell’ultima ricerca presentata dall’Arval Mobility Observatory, l’Osservatorio sulla Mobilità di Arval, e realizzata in collaborazione con Econometrica, siamo di fronte a un nuovo paradigma di mobilità. “Il ruolo della connettività nel presente e nel futuro delle flotte operative” (questo il titolo della ricerca) lascia emergere un’analisi interessante, come ci racconta Massimiliano Abriola, Head of Consulting and ARVAL Mobility. Ma prima, snoccioliamo qualche numero per inquadrare le sue parole. Partiamo dal bisogno di efficienza: è infatti questo il driver che conduce le aziende di trasporto ad adottare soluzioni telematiche.

Un’efficienza che passa attraverso l’analisi di enormi quantità di dati, incentrati principalmente su obiettivi quali la geolocalizzazione in tempo reale dei veicoli (importante per il 45% degli intervistati), l’ottimizzazione dell’uso dei veicoli (43%), la riduzione del TCO (35%) e il miglioramento della sicurezza dei driver (30%). Dati che ne rendono importanti altri, relativi al comportamento di guida, i consumi e la manutenzione. Dalla platea delle oltre 250 aziende intervistate, tutte – è bene precisarlo – dotate di flotte connesse – emerge che almeno il 40% di loro usa realmente i dati che raccoglie per implementare strategie di miglioramento, soprattutto finalizzate all’introduzione di sistemi per rispondere tempestivamente agli alert (51%), programmare corsi di formazione e guida sicura per i driver (42%), ripianificare periodicamente i percorsi (38%) e valutare soluzioni di mobilità alternativa (36%) o di elettrificazione della flotta (21%). E, infine, si arriva a sfatare anche un mito, ossia quello che racconta i driver come persone allergiche alla telematica. Tutt’altro: il 77% delle aziende intervistate ha dichiarato che i propri autisti comprendono i benefici che derivano dall’analisi dei dati, con il 60% dei casi che li ha ritenuti utili per e promuovere comportamenti più corretti. Ma ora, lasciamo la parola ad Abriola.

Massimilano Abriola, quali caratteristiche possiedono le aziende interpellate nella vostra ricerca?

L’obiettivo che ci eravamo posti in Arval era capire come le aziende di trasporto che si avvalgono di sistemi di telemetria utilizzano i dati e le informazioni che raccolgono. Per farlo dovevamo chiedere alle migliori, imparare da esse, dalle più evolute, e quindi abbiamo indicato a Econometrica, che ha condotto la ricerca, un modello specifico di azienda e loro sono stati molto bravi non solo nel seguire le nostre indicazioni, individuando un gruppo di aziende “connesse”, ma anche nel rispettare il secondo criterio che avevamo indicato, ossia mantenere una rappresentatività statistica, per quanto possibile, in un campione di 260 aziende. Ne è uscito un insieme di realtà che si dividono equamente per quanto riguarda l’appartenenza geografica (grandi centri urbani vs aree periferiche suburbane) ed estremamente variegato dal punto di vista del settore industriale in cui operano. Inoltre, ci sono diversi cluster dimensionali, dalle imprese con una ventina di veicoli, alle aziende che ne mettono su strada 100, 500, fino ad arrivare alle flotte di oltre 1.000 unità. Solide basi per una ricerca che ci ha restituito una fotografia, per certi aspetti, anche controintuitiva. 

E quali sono, a suo avviso, le risultanze controintuitive?

Innanzitutto uno dei risultati che mi ha veramente sorpreso è che il 40% delle aziende intervistate, alla domanda: “sei soddisfatto della telematica?” ha risposto che non era in grado di esprimere un parere, o perché i servizi erano stati attivati da poco, o perché ancora in fase di studio del servizio. Però il 97% del restante 60% di intervistati una risposta l’ha data, chiara e precisa: la telematica è diventata essenziale, è un qualcosa a cui le aziende non sono più disposte a rinunciare. Devo ammettere che un grado di soddisfazione così elevato, una percentuale così bulgara, non me l’aspettavo. E, collegato a questo, c’è il fatto che alla domanda: “continuerai a investire in telematica da qui a quattro anni?” l’85% degli intervistati, quindi ricomprendendo anche chi non aveva espresso un giudizio, ha risposto affermativamente, risultanza che indica che le aziende hanno già intuito che si tratta forse dell’unica strada percorribile per poter dare una risposta alla maggior necessità non solo di efficienza nella rendicontazione, ma anche nello stabilire parametri guida per l’energy transition. Anche l’emergere di questa consapevolezza è stata una sorpresa, perché qui non si tratta più solo di un investimento economico, è un investimento anche di tempo e di adeguamento dei processi aziendali. 

Che poi non si tratta solo di acquistare un servizio…

Esattamente: la parte più importante della telematica non è la scatolina a bordo del veicolo (che deve comunque rispettare certi requisiti da un punto di vista normativo), ma la fase iniziale, il commissioning. La telematica permette di raccogliere un numero elevato di dati, ma se non si opera un corretto commissioning, si trasforma quell’opportunità in un semplice raccoglitore nel quale vengono gettate tutte le informazioni in maniera caotica e quando è necessario un approfondimento, si deve rifare tutta l’analisi da capo, come se la telematica non ci fosse. Per fare propri i vantaggi dei sistemi telematici si deve scendere sempre nel dettaglio, si deve capire cosa il dato sta comunicando: per potere a termine un buon commissioning è necessario porsi domande che magari internamente non ci si pone da tempo: perché abbiamo questi veicoli? Cosa fanno nell’arco di ogni giornata? Come vengono usati dagli autisti? Che tipo di servizio si aspettano i clienti? Va rimesso tutto in discussione, non necessariamente per cambiare ma perché bisogna ritrovare quelli che erano i perché iniziali che hanno portato alla creazione della flotta.

E quando si sono capiti questi perché, è possibile modificare l’organizzazione grazie ai dati che emergono dalla telematica. È una trasformazione palpabile, misurabile: se due anni fa parlavo di telematica a un business manager, percepivo chiaramente la sua fatica nell’affrontare l’argomento. Oggi chiunque lavora nella nostra azienda ha metabolizzato l’importanza dei dati a vantaggio del cliente: l’informazione è diventata il carburante che fa viaggiare il motore di un mobility provider. Sono cambiati anche gli input che riceviamo: oggi sono sempre di più i clienti che chiedono spontaneamente strumenti di telematica, perché ormai è un tema culturale che risponde ai problemi legati alla domanda di maggiore efficienza. Oggi tutti gli indicatori spingono verso una maggiore efficienza, che non è più un taglio di costi, ma capire come si può fare meglio. Inoltre, non dimentichiamo che la normativa CSRD impone alle aziende di iniziare a rendicontare in modo credibile le proprie emissioni secondo le categorie Scope 1, 2 e 3: il momento è arrivato.

Si può affermare che sposare i nuovi strumenti telematici, sarà la discriminante tra le aziende che avranno successo e quelle che non sopravviveranno? 

Assolutamente sì. E, più generale, ognuno deve trovare gli strumenti per cambiare nella realtà in cui vive, per sopravvivere. Ci si può anche ancorare al passato, guardando a ciò che fino a ieri ha funzionato, ma non si deve avere l’arroganza di credere che questo cambiamento, che impatta così tanto nella vita sociale e produttiva, non può toccarci. E se anche così fosse, non è sicuro che lo stesso valga per i propri clienti, magari il loro business sarà interessato da questa trasformazione. E se il cliente si trasforma, la ricaduta sulla propria attività è inevitabile. Come ci si può evolvere? Bisogna partire dalla conoscenza aggiuntiva che viene fornita dai dati, e da lì operare miglioramenti che, sempre grazie alla telematica, è possibile misurare. Finalmente è possibile operare anche piccole modifiche incrementali, capire l’effetto che producono e poi rafforzarle o ridurle. Per fare un paragone, per me oggi la telematica sta alle flotte come l’invenzione dell’orologio meccanico nel XIII secolo è stato all’attività dell’uomo. Fino al XIII secolo c’erano l’alba e il tramonto. Si viveva bene? Magari sì. Si era efficienti? No. Poi è arrivato l’orologio e con esso la produttività è aumentata esponenzialmente, perché è aumentata la capacità di organizzare. La telematica applicata alle flotte di trasporto consente di ottimizzare l’organizzazione dell’attività lavorativa e gestionale per raggiungere nuovi livelli di efficienza.

Qual è oggi l’atteggiamento delle flotte nei confronti della transizione energetica? 

Questo è l’ennesimo dato che mi ha stupito: pensavo che la correlazione della telematica con la necessità di intraprendere la transizione energetica risultasse tra le prime ragioni della sua adozione, ma mi sbagliavo. In realtà non lo è, compare solo nel 13% delle risposte. Cosa significa? Che la transizione energetica ha iniziato a camminare da sola, date le spinte normative e l’evoluzione dei veicoli. Le aziende hanno risposto che sono obbligate alla transizione energetica e che la porteranno avanti, ognuna facendo i passi che sarà giusto fare; la telematica aiuterà, ma l’investimento in essa non è fatto per affrontare l’energy transition, quanto per gestire diversamente tutta la propria attività e flotta. Che poi di questa gestione faccia parte anche la transizione, è solo un elemento in più, che però aiuta i moderni fleet manager, che spesso non hanno solo questo ruolo, ma sono chiamati a essere anche mobility manager, e addirittura facility manager, perché oggi nella transizione energetica è necessario anche decidere quali investimenti strutturali fare. Tant’è che questi fleet manager spesso sono ingegneri, ed ecco perché la telematica sta conquistando le aziende: perché offre vantaggi su molteplici fronti.

BIO

Classe 1975, lombardo, sposato e padre di tre figli. Massimiliano Abriola inizia a lavorare appena conseguito il diploma, dopo aver svolto il servizio militare, conseguendo prima la laurea e poi un MBA al Politecnico di Milano senza mai uscire dal mondo del lavoro a tempo pieno. Gli inizi della carriera lo vedono consulente IT, successivamente si sposta nel settore delle telecomunicazioni dove resta per 12 anni, ricoprendo diversi ruoli (dal tecnico di laboratorio dei software per le centrali telefoniche al product manager, al program manager) fino a quando non decide di passare dal settore dei servizi a quello industriale. Entra nell’allora Gruppo Fiat che cercava un responsabile per lo sviluppo di una pianificazione commerciale su nuovi mercati (India, Cina, Sudafrica) di tutti i brand del Gruppo. Nel mentre l’arrivo di Marchionne e la successiva riorganizzazione messa in atto lo porta ai veicoli commerciali, che Massimiliano non conosceva ma che ha scoperto appartenergli come vision: i commerciali non sono autovetture che rispondono alle regole della passione, dello stile, del design. Essi sono un bene che deve funzionare rispettando i criteri dell’azienda e del business. Successivamente entra in National Sales Company Italia, prima come area manager e poi come responsabile di tutti gli area manager, occupandosi delle vendite ma anche di marketing per tutto il brand. Quando nel 2017 Arval ha deciso di rinforzare un’area che in origine si chiamava Truck Solution, Massimiliano è entrato in azienda, prima sviluppando il business degli LCV, poi occupandosi di marketing di prodotto, divenendo infine consulente e responsabile dell’Arval Mobility Observatory.

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