In principio furono Tiberio e Tina, che ancora sorridono belli come attori dalle foto appese nel quartier generale della Fercart, azienda impegnata con successo nell’attività di lavorazione dei metalli ferrosi, costituita nell’attuale ragione sociale nel 1985, e oggi saldamente nelle mani di Tiziano Paolieri e di suo fratello Enzo. Che, giustamente impegnati testa, cuore e mani su un lavoro che conosce poche tregue – e, l’abbiamo verificato con i nostri occhi, è decisamente impegnativo – delegano alla terza generazione la responsabilità di condurre l’intervista. Cristiano, Leonardo e Lorenzo sono i figli di Tiziano, mentre Davide è il figlio di Enzo. Un albero genealogico non troppo difficile da interpretare, dove quello che appare sicuro è il grande impegno che tutti profondono nella riuscita dell’attività.
A darci un’idea del carattere di Tiziano ci pensa però ancora prima di incontrare la famiglia Davide Buson, responsabile commerciale di Scandipadova, la concessionaria che da trent’anni consegna ai Paolieri i loro veicoli: “Era il 1998 e lavoravo per un altro marchio: erano proprio gli esordi come venditore, e facevo prospezione. Entrato in azienda vidi Tiziano arrampicato sul suo ragno. Naturalmente era al lavoro. Quando si accorse di me, fermò la macchina, scese e mi disse: ‘qui sei il benvenuto, vieni pure quando vuoi, per un caffè, una chiacchierata. Non cercare però di vendermi nulla: qui per noi esistono solo Scania e Liebherr‘”. E così, qualche anno dopo Davide torna finalmente con il titolo giusto per programmare l’imminente arrivo di due nuovi mezzi che andranno ad innestarsi in un parco macchine praticamente monobrand: sono un S590 e un R560, oggi solo da allestire e consegnare.
“A svolgere l’attività – si presenta Cristiano Paolieri, dunque la terza generazione di questa famiglia al lavoro – iniziarono i miei nonni, nel dopoguerra, quando si trasferirono dalla Toscana in Veneto e iniziarono a lavorare stracci, vetro, e un po’ tutti gli scarti. Negli anni si sono evoluti passando ai rifiuti ferrosi”. Ne è trascorso di tempo, e non invano, se consideriamo le dimensioni e il business che vede oggi impegnata la Fercart. “Con i mezzi che sono in arrivo – prosegue Cristiano – avremo 10 camion, oltre ai caricatori, 8 ragni, tra cui due pinze per la demolizione, e una pressa cesoia per la riduzione volumetrica dei materiali. Oggi ci occupiamo prevalentemente di lavorazioni dei rottami: ritiriamo gli scarti dalle officine, dalle isole ecologiche, o da varie aziende, anche agricole, dove prendiamo in consegna le rimanenze di vecchie attrezzature. Successivamente prevediamo una selezione dei materiali e una lavorazione, dalla quale poi risulta materia prima secondaria per le acciaierie, che verrà fusa per ricavare metalli o ferro nuovo, e altri rifiuti, quali carta, plastica, legno, che noi separiamo e mandiamo in smaltimento alle diverse aziende organizzate per accogliere quei prodotti. Ci occupiamo anche di demolizioni esterne di strutture metalliche con escavatori, oppure ci appoggiamo ad aziende che operano demolizioni di edifici in cemento armato, e noi poi ritiriamo lo scarto proveniente dalle loro lavorazioni”.
Per movimentare la merce Fercart utilizza solo Scania (e Liebherr): motrici con rimorchio per il ritiro dagli scarti e bilici per la successiva consegna alle acciaierie o ai diversi stabilimenti interessati ad acquistare i prodotti.
Ma come mai questo attaccamento al marchio Scania? “Tutto è partito nel 1993 – risponde Paolieri – quando mio padre e mio zio acquistarono il loro primo Scania: è un prodotto che ha sempre avuto una marcia in più, sicuramente nel nostro lavoro, per l’affidabilità e la robustezza che ha sempre dimostrato in cantiere. Le nostre sono mission impegnative che comportano per il veicolo grandi sollecitazioni. Se la struttura del mezzo non è idonea e non viene operata la giusta manutenzione un telaio può anche spezzarsi, e ci è capitato di vederne: può succedere che si formino delle crepe internamente che è difficile notare se non si effettuano i giusti controlli. Poi un bel giorno si effettua un carico e parte la crepa. Per questo gli Scania, con il loro telaio maggiorato, sono proprio i mezzi che fanno al caso nostro. Un vantaggio in più della tecnologia del nostro fornitore è data poi dall’impianto delle sospensioni, capace di gestire al meglio la ripartizione del peso. E infatti vediamo sempre più Scania nel lavoro dei rifiuti, ma non solo per necessità legate al peso, anche per gli imballi di carta, cartone, plastica, rifiuti generali”.
“La conformazione delle sospensioni Scania – aggiunge Davide Buson – si adatta notevolmente ai carichi alti, quali possono essere i rottami ferrosi, il bestiame, o gli spurghi. Di default l’8×2 esce dalla fabbrica con telaio e contro telaio, cioè l’anima di rinforzo: non sono molti i competitor a mettere a disposizione questa soluzione, e in ogni caso non la forniscono come standard. Inoltre siamo gli unici ad equipaggiare i mezzi con sospensioni pneumatiche integrali anche sull’avantreno, per una questione di sicurezza del carico e per avere, anche, più stabilità in curva. Non dimentichiamo mai che il carico ha una sua forza e inerzia di cui bisogna sempre tenere conto”.
Oggi in Fercart lavorano 15 persone: 5 sono i membri della famiglia, 4 gli amministrativi, gli altri magazzinieri e autisti. “Considerate però – precisa Paolieri – che noi di famiglia abbiamo tutti e cinque la patente e guidiamo i camion; io e mio papà meno degli altri perché la nostra attività si svolge prevalentemente sul piazzale, però nella giornata, per un motivo o per l’altro, finisce sempre che pure noi un giro al volante ce lo dobbiamo fare. Il nostro non è un lavoro semplice, stavamo cercando un autista per implementare il nostro team che si occupa del ritiro dei materiali con la motrice e il ragno, ma sembra un’impresa impossibile: è un impegno che richiede di lavorare all’aperto, che faccia caldo o freddo, che sia estate o inverno. È faticoso e nessuno è più disposto a stancarsi: le persone che contattiamo alla fine ci rispondono che preferiscono avere uno stipendio inferiore ma un posto al calduccio sulle tratte di linea”.
Cinque uomini: non sarà una convivenza facile, cosa vi fa andare d’accordo? “La volontà di portare avanti la nostra azienda, la nostra eredità. I ruoli sono abbastanza definiti: all’occorrenza facciamo tutto tutti e ci aiutiamo a vicenda, ma nello specifico io e mio padre gestiamo la parte “due”, quindi quella della lavorazione, della vendita dei materiali e della consegna in acciaieria, mentre mio zio Enzo, mio cugino Davide e mio fratello Leonardo gestiscono il ritiro dalle aziende. In generale Leonardo sta ricoprendo il ruolo di jolly: è qui da 4-5 anni e si sta organizzando il suo giro di clienti”.
“Scandipadova? – conclude Cristiano Paolieri – Siamo estremamente soddisfatti del rapporto con il nostro fornitore, non per nulla esiste un legame di fiducia che dura da 30 anni: sono sempre stati presenti, anche quando abbiamo avuto bisogno di loro – è capitato – fuori dall’orario lavorativo, anche di domenica. Abbiamo un rapporto personale, sia con Davide che con la famiglia Rossi, e sono certo che anche le prossime generazioni della mia famiglia continueranno ad appoggiarsi, senza paura di non trovare sostegno, sull’affidabilità del Grifone“.